SUL VALORE DELLE OPERE D'ARTE

In questo periodo, sopravvalutando le mie conoscenze e le mie capacita’, mi è stato chiesto da un amico di provare ad attribuire la paternità ad un quadro che, ad esami chimici e fisici, sembra risalire ad alcuni secoli fa. È un esercizio difficile per me, non solo perché il mio ‘studio’ utilizzerà esclusivamente materiale fotografico, ma soprattutto perché potrò fare affidamento solo su una personale e limitata sensibilità artistica e su lacunose e parziali conoscenze di Storia dell’Arte. Tuttavia ho accettato la sfida. In proposito, credo che l'indagine volta ad individuare l'autore di un quadro, che spesso costituisce il presupposto per monetizzarne il valore, testimoni la crisi del concetto di Arte, che dovrebbe essere considerata  una realtà che vive di una vita propria, e che si impone all'uomo con un linguaggio autonomo e non convenzionale di straordinaria forza evocativa ed emozionale. Quantificare il valore di un'opera in relazione all’individuazione del suo autore significa sconfessare che il prodotto della creatività umana viva un’esistenza indipendente, ovvero, in pratica, disconoscere che  l'artista è soltanto un faber, un medium inconsapevole, un tramite fra la bassa realtà degli uomini e un alto universo  che si disvela attraverso cromatismi, segni e forme. In proposito, ho sempre  apprezzato l'acuta provocazione concettuale di Piero Manzoni, che negli anni settanta inscatolò le proprie feci indicandole come opera d'arte in quanto esse costituivano il prodotto di un’artista; stigmatizzava così che la qualificazione di un oggetto artistico potesse fondarsi in maniera eteronoma sulla sua genesi piuttosto che su endogeni connotati oggettivi. La sua Merde d’Artiste ci ha fatto sorridere, ignari di essere parte di questo equivoco, in quanto, come fruitori  e pubblico, consideriamo spesso prioritaria la notorietà dell’autore piuttosto che il valore intrinseco di un prodotto creativo; dimentichiamo inoltre che anche gli artisti più celebrati, fra le numerose opere realizzate in vita, hanno portato a termine solo alcuni capolavori. Un modo per uscire dall'equivoco è ritenere che il mercato dell'Arte non abbia nulla a che vedere con l'Arte stessa tutte le volte che consideriamo il valore economico di un’opera esclusivamente con i parametri relativi alla sua natura di bene da collezionare, come se si trattasse di un francobollo o di una moneta. Naturalmente con questo non si vuole affermare che l'indagine che porta ad individuare il contesto storico, la scuola, e possibilmente l'artista-autore, non abbia significato: l'analisi storico-sistematica è un puntuale strumento di interpretazione del lavoro che spesso inconsapevolmente, forse attingendo da archetipi collettivi, l'artista produce, e che non di rado integra anche il precipitato di un'epoca: su questa indagine può fondarsi l'interpretazione dell’opera, ma non un automatico giudizio sulla sua quantificazione economica, ammesso che l'espressione di un linguaggio che riflette il mistero dell'universo umano possa essere stimato in maniera determinata. Quindi,  penso che stabilire il valore economico di un’opera d’arte sia uno dei tanti esercizi dell'imperfezione umana.

Fingere che l’Arte non sia l’umile creazione dell’uomo ma l’esatto linguaggio dell’Universo, e che possa svelare il segreto delle cose – Roberto Rapaccini

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